La Microfusione, nota anche con il nome di fusione a cera persa, impiega modelli sacrificali identici alle geometrie del pezzo da produrre in metallo. I modelli sacrificali, comunemente noti come cere, sono realizzati in appositi materiali che sono studiati per liquefare e bruciare a temperature relativamente basse e non lasciare ceneri. I modelli sacrificali vengono impiegati per realizzare una struttura nota come grappolo in cui i pezzi sono i “chicchi” del grappolo e il “raspo” è il canale di alimentazione per il metallo fuso. Questa struttura in cera viene annegata in un materiale inerte (gesso o ceramica liquida) e quindi posto in cottura.
Durante la cottura il refrattario solidifica e le cere si dissolvono, lasciando una cavità identica ai pezzi con il sistema di colata. (microfusione alluminio e microfusione acciaio). Ne risulta un guscio cavo che può essere quindi riempito con l’alluminio (se il guscio è in gesso) o con l’acciaio (se il guscio è in ceramica). Il guscio con fusione ceramica è notevolmente più resistente ma per crearlo è necessario un procedimento molto lungo (viene ottenuto immergendo il grappolo nella “barbottina”, la ceramica liquida, facendo asciugare e reiterando molte volte questa sequenza).
Le microfusioni prototipali si possono essere ottenute mediante stampa diretta di polistirene digitale (molto rapido ed economico, ma di finitura superficiale rugosa e con precisione di ±0,16mm) o mediante colata di cera fusa in stampi di silicone ricavati con master stereolitografici. Queste ultime sono perfettamente compatte e presentano un livello di dettaglio di ±0,05mm.
Le fusioni a cera persa sono contraddistinte da una risoluzione molto elevata (fino a ±0,05mm) ma proprio a causa del numero elevatissimo di strati che servono per costruire i pezzi, i particolari di dimensioni superiori ai 120mm di altezza tendono ad avere costi molto elevati. In prototipazione si possono realizzare oggetti monolitici fino a 350mm di dimensioni massima.